lunedì 31 dicembre 2018

Contromessaggio di fine anno 2018





Di Diego Bossi*


Care lettrici e cari lettori,

rieccoci qui, come tutti gli anni, ad attuare la fin troppo semplice impresa di fare da contraltare al capo dello Stato borghese che, con le sue parole logore ed esauste, ci racconta che no, le cose non vanno bene, ma potrebbero andare meglio se ognuno di noi s’impegnasse, fiducioso, a fare la sua parte nel sostenere quello stesso sistema che fino ad oggi ci ha letteralmente massacrato. Parole che si susseguono e si ripetono in una nauseabonda retorica istituzionale che nulla ha a che vedere con la realtà che vive il proletariato sulla propria pelle: i partiti che non devono litigare, il confronto democratico, la partecipazione dei cittadini, l’accoglienza, l’identità e i valori europei, la società civile e il volontariato, il rispetto della Costituzione, l’unità nazionale, la lotta al terrorismo, alla mafia, alla corruzione e poi ancora bla bla bla per 30 minuti a reti unificate, un monologo stucchevole che anno dopo anno, variante più, variante meno, si plasma sulla situazione economica e politica del momento.
Si dirà che ad essere logori ed esausti, persino obsoleti, sono i termini come “borghesia” e “proletariato”, ma questa opinione, seppur diffusa, è proprio il frutto della propaganda borghese che mira a nascondere il conflitto classe; e mira a nasconderlo per un motivo molto semplice: perché è un conflitto letale per la borghesia, per il suo potere, per il suo profitto.
Forse saranno più comprensibili termini come “padroni” e “lavoratori”, ma anche queste parole sono fastidiose per la classe dominante perché spiegano troppo chiaramente il conflitto, ossia la nuda verità dei fatti: c’è uno sfruttatore, ossia un padrone, quindi un proprietario (dei mezzi di produzione e delle materie prime) e c’è uno sfruttato, ossia un lavoratore salariato, quindi costretto a (s)vendere la sua forza lavoro, il suo tempo e la sua energia in cambio di una piccolissima parte della ricchezza che produce per il suo padrone, un salario appena utile a mantenersi: lavorare per sopravvivere, sopravvivere per lavorare.
Eppure il linguaggio borghese mira a eludere la realtà dei fatti e ci vuole imporre parole morbide, affascinanti e armoniose: i lavoratori sono “risorse umane”, il padrone è il “datore di lavoro”, poi ci sono tutti quegli anglicismi e quegli acronimi che fanno molto figo e moderno, come l’AD o il manager.
Lo scopo della propaganda borghese è quello di occultare il conflitto di classe, di anestetizzarne la percezione mediante ipnosi affinché quel conflitto non debba mai esprimersi. Così la classe proletaria si trova davanti a un bivio: da una parte vive una realtà di sfruttamento dovuta a una precisa e concreta collocazione nei rapporti di produzione, ma, stando a quanto vogliono farci credere gli sfruttatori, le parole che noi comunisti usiamo per descrivere ed esplicare questi vissuti reali, sarebbero vecchie e anacronistiche; dall'altra parte c’è il linguaggio “giusto”, quello dei padroni, che però ci narra una storia che nulla ha a che vedere con la nostra, dove non esistono classi in conflitto, ma “cittadini”, grandi famiglie composte da membri con ruoli diversi che fanno gioco di squadra per un obiettivo comune: l’Italia, il sistema Paese, lo Stato, l’azienda...
Siccome non possono nascondere la realtà, tacciano di obsolescenza le parole che la descrivono.
Il proletariato va tenuto calmo e frammentato e per fare ciò la borghesia ha bisogno di un suo Stato che tuteli i suoi interessi e i suoi profitti producendo leggi rivolte a tale scopo; ha bisogno di un potere coercitivo, di un vero e proprio esercito di poliziotti e carabinieri pronti a reprimere ogni tentativo di riscossa e di ribellione dallo sfruttamento capitalista; ha bisogno di potenti mezzi di (dis)informazione di massa; ha bisogno che questo Stato si presenti con facce compiacenti e amiche, pronte capitalizzare politicamente la pancia del popolo, le peggio pulsioni sociali sapientemente inoculate: razzismo, maschilismo, lgbtfobia e tutto ciò che sarà necessario a dividere gli oppressi per consolidare il dominio degli oppressori; ha bisogno di organizzazioni all'interno del proletariato, grandi burocrazie sindacali che fungano da veicolatrici delle lotte su binari morti o controllabili dalla borghesia in cambio di concessioni e compromessi e ha bisogno - ahinoi, fa male, ma dobbiamo dircelo - che quella parte di sindacalismo conflittuale rimanente sia spesso resa inoffensiva a causa delle politiche miopi, settarie e autoreferenziali di poche micro direzioni burocratizzate, anch'esse, spesso, per concessioni e compromessi molto più piccoli. Di questo ha bisogno, di questo dispone; e di tutto questo che dispone ha saputo farne un uso efficace e proficuo, facendo credere ai lavoratori che il nemico sia lo straniero, la donna, l’omosessuale… Ma la realtà è un’altra, care lettrici e cari lettori di CUBlog, la realtà è molto più semplice di come vogliono dipingerla proprio perché la sua semplicità è un’arma pericolosissima per i padroni.
La realtà è che un operaio della Fiat, una commessa dell’Esselunga, un facchino senegalese della logistica, un disoccupato, un operaio in pensione, una madre sfrattata, una donna africana che si è vista inghiottire il figlio dal mare, un ferroviere, un lavoratore di Alitalia, una maestra elementare, un’inserviente alla mensa della Pirelli, una badante sudamericana, una bidella, un metalmeccanico, una lavoratrice dell’Auchan, una barista, una cameriera, un lavoratore aeroportuale, un casellante autostradale e tutti coloro propriamente titolari di questo infinito elenco, hanno in comune fra loro le proprie catene. Già, le catene… Marx ed Engels nel Manifesto dicevano che i proletari, nel fare una rivoluzione comunista, non avranno nulla da perdere all'infuori delle loro catene; ma le catene – ci sentiamo di aggiungere – prima di perderle, occorre vederle. E saper distinguere incatenati da incatenatori.
Ecco, questo è l’augurio che a nome mio e di CUBlog faccio ai nostri lettori: vedere le catene. Può sembrare poco, ma se provate a pensarci un po’, vi accorgerete che è la base di partenza per tutto.

Un abbraccio rivoluzionario a tutte le lettrici e i lettori, a tutte le compagne e i compagni, nel ricordo di chi ci ha preceduto, solcando il sentiero a chi a noi succederà.



*Operaio Pirelli, militante di Alternativa comunista, attivista del Fronte di Lotta No Austerity e della Confederazione Unitaria di Base

mercoledì 5 dicembre 2018

Ambrosini Carni: oltre al danno la beffa a cui rispondiamo con la lotta!



Riceviamo dai compagni del Sol Cobas di Bergamo e volentieri pubblichiamo

Con questo comunicato vogliamo rendere noto quanto, da troppo tempo, avviene all’interno dell’azienda Ambrosini Carni di Brusaporto (BG).

UN PO’ DI STORIA : IL DANNO
Dopo tantissimi anni di attività lavorativa in condizioni estremamente precarie, diversi lavoratori organizzati con il Sol Cobas decidono di alzare la testa e cominciare a porre fine ad un regime particolarmente aggressivo, dove la giornata cominciava alla prime luci del mattino e finiva ben oltre il tramonto per almeno 6 giorni alla settimana.
Non stiamo a descivere nel dettaglio le tipologie di contratto e la paga oraria facilmente intuibili.
Dopo la prima serie di scioperi si cominciano a vedere i primissimi passi di una inversione di rotta attuati attraverso la lotta radicale portata avanti con la solidarietà attiva e militante dei cobas aziendali principalmente del territorio di Bergamo.
Le prime vittorie contemplano la stabilizzazione dei contratti a 8 ore per tutti, ritmi di lavoro sostenibili e ovviamente il blocco degli straordinari praticamente a livello semi gratuito.
Con l’arrivo della cooperativa Futura del consorzio KMO, la lotta procede con la richiesta di rispettare i parametri della paga oraria a norma del ccnl di categoria come ulteriore passo verso la piena applicazione della piattaforma proposta nel tempo ai vari appaltatori
In linea con il passato, arriva un secco no visto che l’appaltante AMBROSINI non è disposto ad aumentare le tariffe ergo non ci sono i margini “NEMMENO PER RISPETTARE LA LEGGE” come riferiscono gli stessi responsabili della cooperativa stessa.

ULTIMO INCONTRO : LA BEFFA
Se non fossimo stati testimoni oculari della vicenda penseremmo ad una piecès teatrale tragi-comica.
All’incontro concordato dalle parti, la cooperativa Futura, si fa promotrice di una linea dura nei confronti di tutti i propri dipendenti : METTE SUL TAVOLO 20 ESUBERI per continuare competitiva sull’appalto.
Vista la situazione assolutamente irricevibile la delegazione sindacale interrompe la trattativa chiamando i lavoratori affiliati allo sciopero immediato e programmando una assemblea direttamente ai cancelli il cui esito è scontato: piano di battaglia fino al totale ritiro della proposta di esuberi.
A questo proposito facciamo appello a tutti i lavoratori operanti in Ambrosini e a tutti i dipendenti Futura del consorzio KMO, ad organizzare una mobilitazione comune a prescindere dalle appartenenze sindacali per respingere questo gravissimo attacco che, se non riceverà opposizione adeguata andra’ ad essere operativo entro fine 2018.

BASTA GIOCHETTI SULLA PELLE DEI LAVORATORI!!!
UNITI E IN LOTTA POSSIAMO DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI!!!
SOL COBAS AMBROSINI CARNI

martedì 27 novembre 2018

Riceviamo dai compagni della Cub di Alessandria e volentieri pubblichiamo per diffusione

COMUNICATO STAMPA


In data 22 novembre 2018 abbiamo finalmente ricevuto la risposta, che troverete di seguito, alla nostra Pec del 15 novembre 2018 (con la richiesta d’incontro urgente) da parte di Cesare Balduzzi  della Azienda Balduzzi P e S ss soc agricola.
Nella stessa il Sig, Cesare Balduzzi afferma che la CUB solleva in maniera strumentale la questione rispetto alle posizioni di 5 ex lavoratori (tutti e 5 iscritti alla CUB) della sua Società. L’Azienda Balduzzi, per bocca del suo titolare, davanti a tutti i lavoratori e al Sig. Antonio Olivieri del Presidio Permanente di Castelnuovo Scrivia, si era dichiarato d’accordo a ciò che il Sindacato aveva proposto e cioè, qualora ci fosse stato un calo lavorativo, di ridistribuire il lavoro fra tutti i lavoratori presenti. A tal proposito non si capisce per quale ragione nella risposta il Sig. Cesare Balduzzi ha affermato che i 5 lavoratori da noi tutelati si occupavano della raccolta di prodotti stagionali ora non più in raccolta stante l’approssimarsi della stagione invernale: e la suddetta ridistribuzione del lavoro tra tutti i lavoratori che fine ha fatto? Si è rimangiato le parole?
Proseguendo nella risposta il Sig. Balduzzi fa riferimento alle assunzioni,  alle remunerazioni per le ore di servizio ed agli oneri contributivi tutti e tre perfettamente regolari, così, prosegue, come lo sono tutti i dipendenti della Società Agricola Balduzzi; peccato che un po’ di tempo fa, questa stessa Azienda era salita agli onori delle cronache a seguito di un intervento della Guardia di Finanza e dell’Ispettorato del Lavoro per la presenza di lavoratori “in nero”: giornate di lavoro non regolarizzate, ore non corrisposte, con addirittura la presenza in Azienda di una lavoratrice in maternità.
Il Sig. Balduzzi, nella sua risposta, parla di iniziative organizzate dalla CUB del tutto “ingiustificate” non specificando di quali iniziative si tratti; in più parla dei nostri “attacchi diffamatori” intervenuti sui quotidiani locali e nazionali e sulla piattaforma social Facebook con post che parificano la sua Azienda a realtà schiaviste: ma il vero attacco diffamatore è stato promosso dal Sig. Balduzzi perché ha colpito la libera espressione di pensiero nella denuncia della CUB, il cui modus operandi è la conflittualità, parificando tale libera espressione alla stregua di un reato da perseguire penalmente.
All’affermazione del Sig. Cesare Balduzzi che la CUB fa facili slogan e propaganda spicciola sull’ effettiva violazione dei diritti dei lavoratori, minacciandoci quindi di un’immediata azione penale per la grave diffamazione a cui l’Azienda è stata sottoposta, certamente da parte della CUB vi saranno le dovute contro misure tanto dal punto di vista sindacale e legale quanto dal punto di vista dell’utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione di massa ai quali potremo accedere.
Resta comunque il fatto che la vertenza sindacale rimane, ed è piuttosto seria quantomeno per due motivi:
  • negli anni scorsi i lavoratori hanno sempre lavorato anche nel periodo invernale e non si è mai fatto riferimento all’interruzione della raccolta;
  • in ogni caso, rimane in piedi il diritto dei lavoratori alla stabilizzazione.

Da parte nostra, saremo presenti, come sempre, a fianco di chi lavora e di chi lotta per i propri diritti.


Alessandria, 26 novembre 2018.             
Per la CUB di Alessandria e Provincia    Presidio Permanente di Castelnuovo Scrivia
Miguel Arismendi

Coordinatore provinciale

sabato 17 novembre 2018

Documento di sintesi del I incontro internazionale del sindacalismo combattivo del settore aereo

Il 15 e 16 ottobre 2018 si è svolto a Madrid il I incontro del sindacalismo combattivo del settore aereo aderente alla rete sindacale internazionale di solidarietà e lotta, in cui si sono incontrati, ufficialmente, per la prima volta delle lavoratrici e dei lavoratori di compagnie e società aeroportuali di nazioni ed organizzazioni differenti per tentare di far “decollare” un coordinamento internazionale del settore.
Dal proficuo ed interessante confronto, al quale hanno partecipato colleghe e colleghi spagnoli, italiani, portoghesi e francesi è emerso che le varie problematiche espresse da ogni realtà, parlano tutte la stessa lingua che è quella dello sfruttamento del capitalismo che ha trovato terra fertile grazie alle politiche dei vari governi e  alla complicità dei sindacali padronali. Il settore aereo in tutto il mondo, ma nello specifico in Europa, è tra i più colpiti dalla liberalizzazione del mercato con il conseguente proliferarsi delle compagnie Low Cost e privatizzazioni delle compagnie di bandiera e delle gestioni aeroportuali. Un settore aereo che da anni è in continua crescita sia per il numero di passeggeri che di merci trasportati, ma che centralizza i ricavi milionari nelle mani di pochi speculatori privati, lasciando miserie e precarità alle lavoratori e ai lavoratori e sempre meno sicurezza e servizi per i passeggeri.
Tutto ciò non è avvenuto per caso ma è il risultato di un vero e proprio progetto. Nel 2000 l’allora commissario dei trasporti europeo Layola De Palacio, dichiarò che in Europa sarebbero rimaste solo 3 grandi compagnie aeree di riferimento per quanto riguarda il trasporto aereo globale (lungo raggio), e sarebbero state le compagnie di bandiera (privatizzate) degli stati più industrializzati della EU: British Airways (GB), AirFrance (F), Lufthansa (D) e tutte le altre avrebbero avuto un ruolo marginale, regionale e di feederaggio. Queste 3 compagnie, ad oggi, fanno parte di altrettante 3 grandi alleanze globali dei cieli (One World, SkyTeam, Star Alliance) ed insieme ad altri colossi del trasporto aereo mondiale, tra cui le grandi compagnie americane, asiatiche e arabe controllano, attraverso accordi e partnership, gran parte del trasporto aereo globale e i corrispettivi ricavi lasciando ben poco alle lavoratrici e ai lavoratori.
A partire da questa analisi generale, si è deciso di sintetizzare delle argomentazioni comuni, riscontrate nelle varie lotte che ci vedeva protagonisti, costruendo una prima piattaforma unitaria di rivendicazioni :
  • Controllo pubblico del settore aereo attraverso la nazionalizzazione delle compagnie di bandiera e delle gestione aeroportuali, essendo entrambe un patrimonio pubblico, un bene comune, con un conseguente piano di internalizzazione di tutte le attività (handling, manutenzione, informatica, sicurezza ecc.) ponendo fine alle sub-contrattazioni/terziarizzazioni. Un controllo pubblico che livelli i costi dei servizi a terra attraverso una tariffa unica, uguale e senza distinzione tra le compagnie (Low Cost) e che equipari e controlli le tasse aeroportuali a partire dalle capitali degli stati della EU;
  • Lotta alla precarietà in un settore in cui l’impiego costante, per tutto l’anno, di contratti a termine e part-time, non è in alcun modo giustificato ma viene solamente utilizzato per tenere sotto ricatto salariale ed occupazionale le lavoratrici e lavoratori, i quali oltre ad essere condannati ad una vita senza prospettive, vedranno sempre più lontana  e povera la propria pensione. Rivendichiamo la stabilizzazione dei contratti;
  • Rispetto della conciliazione lavoro - tempo libero in un settore in cui l’orario di lavoro si basa  costantemente sulla flessibilità senza mai tener conto delle esigenze delle lavoratrici e lavoratori con turni che si intercambiano ad ogni ora del giorno e della notte e con il costante  obbligo di lavorare la domenica, incidendo sulla qualità della vita personale e famigliare e sulla salute. A farne le spese, all’interno di una società patriarcale, ne sono ancora di più le donne. Rivendichiamo una riduzione generale dell’orario di lavoro al di sotto delle 35 ore settimanali, anche per far fronte alla robotizzazione ed automatizzazione, con turni di lavoro full-time (part-time solo volontario) basati solo su 3 turni giornalieri, e richiediamo inoltre una normativa che regoli l’assistenza e relativi sussidi sociali, paritari uomo-donna, per la gestione delle problematiche familiari senza alcuna perdita di salario;
  • Equiparazione dei salari, delle condizioni di lavoro (normativa) e dei diritti tra tutte le figure professionali del settore aereo fino al raggiungimento di un unico contratto (convenio) collettivo di lavoro di settore internazionale, chiaramente a partire dalle migliori condizioni in essere. Da anni, ormai, con la liberalizzazione del mercato e l’avvento delle compagnie Low Cost, la concorrenza tra le varie compagnie e aziende del settore si basa sempre di più sulle differenze salariali  e normative (costo del lavoro) e non sulla qualità del servizio e sicurezza offerto ai passeggeri, generando in questo modo un inarrestabile “dumping sociale”, addirittura nelle stesse compagnie/aziende con filiali Low Cost, con una sistematica rincorsa al ribasso dei salari. In questo contesto rivendichiamo, inoltre, il rispetto e il riconoscimento universale della rappresentanza sindacale e del diritto di dissenso e sciopero;
  • Riconoscimento, per le figure professionali del settore aereo-aeroportuale, di svolgere un lavoro usurante, colpevole di generare specifiche malattie professionali di cui rivendichiamo, conseguentemente, il riconoscimento economico e normativo. La quasi totalità delle figure professionali del settore sono soggette ad un continuo sollecitamento fisico, ad inquinamento da scarichi, polveri sottili ed acustico nonché a continue radiazioni che mettono quotidianamente al repentaglio la salute e la sicurezza. Inoltre come denunciato nei punti precedenti, la flessibilità oraria e i turni di lavoro generano un continuo stress dovuto dall'instabilità della conciliazione lavoro - tempo libero e quindi anche alla qualità del riposo e dell’alimentazione. Evidenziamo che più le lavoratrici e i lavoratori operano in ambienti salubri e sicuri, più aumentano di conseguenza gli standard di sicurezza per i passeggeri. In questo contesto rivendichiamo l’età pensionabile (Pensione) a 55 anni e, facendo riferimento al punto sulla precarietà, evidenziamo di nuovo l’importanza della stabilizzazione dei contratti;
  • Ripudio ad ogni tipo di oppressione: il settore aereo non è immune dalle discriminazioni di genere, di diversità sessuale di razza e religione e, come in tutti gli altri ambiti lavorativi, il razzismo e il maschilismo sono un’arma per mettere uno contro le lavoratrici e lavoratori con lo scopo di dividerli nelle lotte e nelle rivendicazioni. Denunciamo il fatto che proprio le donne e gli immigrati sono tra i più sfruttati e oppressi: negli aeroporti i lavori più umili e sottopagati vengono fatti svolgere proprio ad immigrati e neri soprattutto perchè, essendo messi ai margini della società, sono costretti ad accettare qualsiasi contratto pure di aver un minimo di salario per sopravvivere. Alle donne, in particolare, vengono affidati i servizi al pubblico, diventando il bersaglio di insulti ed aggressioni.
  • La femminilizzazione del lavoro nel settore dell'aviazione e l'aumento dell'insicurezza lavorativa femminile.
    Si tratta di una realtà che il sistema capitalistico patriarcale utilizza nella divisione sessuale del lavoro, a cui consegue uno squilibrio, nonostante l'aumento delle salariate, abbiamo un numero maggiore di posti di lavoro a bassa retribuzione e un alto tasso di condizioni precarie.
    In Europa, il lavoro delle donne nel settore dei servizi è del 70%, le donne hanno condizioni di lavoro molto povere, i contratti a tempo parziale sono una realtà costante per tutta la loro vita.
    Sotto una prospettiva di genere anticapitalista e di classe, le strategie di lotta rivoluzionarie che le organizzazioni sindacali devono adottare, sono la creazione di una base consolidata di rivendicazioni in termini di uguaglianza.
I sindacati devono lottare per sradicare i pregiudizi patriarcali e sessisti incoraggiando la partecipazione del settore femminile, della classe operaia, ma non solo come una rivendicazione elettorale sindacale, ma come un obbligo per porre fine alle disuguaglianze di genere, al fine di raggiungere una base sociale senza sfruttatori e sfruttati.
Questo è il motivo per cui le organizzazioni sindacati devono fare  pressione sulle aziende affinchè i piani di uguaglianza siano implementati, tenendo un carattere reale nelle politiche di parità in modo che siano eseguiti senza che rimanga un semplice documento in cui  l’azienda esprime i suoi migliori auguri alle lavoratrici senza poi mai eseguirli.
Il lavoro sindacale sulla di parità di genere deve essere quotidiano e  reale e quindi dobbiamo alzare la nostra voce di fronte le autorità pubbiche affinchè adottino misure per eliminare le disuguaglianze a partire dai contratti precari e parziali delle donne, le lavoratori devono poter tenere una indipendenza economica senza dover sottostare ad uno Stato protettivo e patriarcale che le degrada come persone.
Per una vera uguaglianza già nel mondo del lavoro.

RIPRENDIAMO IL VOLO! RSISL
CGT IBERIA (Spagna)
CUB TRASPORTI /  AIRCREW COMMITTEE (Italia)
SUD ARIÉN (Francia)
SOS HANDLING (Portogallo)


lunedì 29 ottobre 2018

A proposito dell'elezione di Bolsonaro...

Di Fabiana Stefanoni  (Esecutivo nazionale PdAC)

Qualcuno, anche a sinistra, vede nella vittoria elettorale di Bolsonaro, rappresentante dell’estrema destra brasiliana, il segno evidente di una sorta di tendenza mistica dell’attuale fase storica a un’inesorabile "deriva reazionaria": un concetto idealistico che nulla ha a che spartire con il marxismo e che ricorda più che altro le "tappe" dell'evoluzione dello Spirito di hegeliana memoria.
Altri vedono in questa elezione la conferma della necessità di ripensare le categorie stesse del marxismo. Se gli operai votano in massa personaggi come Bolsonaro, Salvini e Trump forse c'è qualcosa che non funziona nel concetto stesso di “alternativa di classe”: non sarebbe meglio – ci spiegano questi teorici del “postmoderno” - pensare a qualche strategia che prescinda dalla classe operaia?
Altri ancora, infine, interpretano questa elezione come la conseguenza inevitabile di un presunto "golpe" in atto da tempo: golpe che, non si capisce perché, avrebbe bisogno ancora di utilizzare gli strumenti elettorali per dispiegarsi al meglio…
La verità, come spesso accade, è meno fantasiosa e più semplice: chi non la vuole vedere è chi si rifiuta di riconoscere le gravissime responsabilità dei partiti che oggi sono egemoni nel movimento operaio. Le masse proletarie e povere hanno votato in massa Bolsonaro perché stremate da una crisi del capitalismo che ai loro occhi ha visto complici Lula e Dilma nelle politiche di rapina dell'imperialismo: all'ombra dei governi del PT (“Partito dei Lavoratori”) i rappresentanti delle ricche multinazionali non hanno forse fatto i migliori affari della storia in Brasile, mentre milioni di operai morivano di fame nelle favelas? Le masse proletarie e povere hanno votato in massa Bolsonaro perché subiscono quotidianamente la violenza del sistema capitalistico, ma non credono in quello che la sinistra riformista e stalinista di tutto il mondo ha citato a modello come il "socialismo del XXI secolo", cioè i regimi borghesi bonapartisti di Chavez e Maduro: del resto chi riporrebbe fiducia in un “socialismo” che costringe alla fuga dal Venezuela ogni giorno decine di migliaia di disperati che muoiono di fame?
Non è vero che la situazione sociale e politica in America Latina è "reazionaria": è una situazione di crisi economica e sociale profonda e, per questo, come già scriveva Trotsky in relazione all'Europa dell'inizio degli anni Trenta (Germania pre-hitleriana inclusa), è una situazione pre-rivoluzionaria (lo dimostrano le enormi mobilitazioni di questi ultimi mesi in Nicaragua, Argentina, Costa Rica, Honduras, Paraguay e nello stesso Brasile). Ma, dialetticamente, sono proprio le situazioni pre-rivoluzionarie quelle che inducono settori della borghesia a ricorre, spesso loro malgrado, a personaggi come Bolsonaro. Quando le tensioni sociali si inaspriscono, quando la lotta di classe rischia di mettere in discussione i profitti delle multinazionali, la borghesia non esita a fare accordi persino con i nostalgici delle dittature.
Se volete trovare dei colpevoli per spiegare l'elezione a presidente di Bolsonaro in uno dei Paesi in cui le lotte sono state (e ancora sono) tra le più dure e radicali del mondo, non guardate in cielo per cercare mistiche tendenze "reazionarie". Guardate in basso: i responsabili sono Lula, Dilma, Chavez e Maduro, che hanno infangato la lotta anticapitalista e antimperialista – e la stessa parola socialismo - con politiche di collaborazione di classe e di vile subordinazione all'imperialismo.
Da domani le lotte riprenderanno in Brasile, più forti che mai. Ma questa lezione ci dice con chiarezza che le lotte non bastano: bisogna costruire la direzione rivoluzionaria che non le tradirà e che le farà vincere. 

lunedì 8 ottobre 2018

I INCONTRO INTERNAZIONALE DEL SINDACALISMO COMBATTIVO DEL SETTORE AEREO (MADRID 15-16 OTTOBRE 2018)


Dopo aver contattato varie organizzazioni sindacali nel mondo dell'aviazione, abbiamo rilevato la necessità di scambiarci informazioni e di coordinarci nelle azioni di lotta per affrontare l'attacco delle grandi aziende del settore che cercano il massimo profitto nel più breve tempo possibile, distruggendo il know how di numerose figure professionali e creando sfruttamento e precarietà in un settore di vitale importanza per l'economia mondiale.
Abbiamo avviato un percorso di scambio di idee, informazioni e progetti di lotta internazionale.
"LA LOTTA È L'UNICO CAMMINO"

giovedì 13 settembre 2018

Bari: La lotta di classe arriva in piazza Carabellese con la voce dei suoi protagonisti



Sabato 15 settembre, alle 17.30, si svolgerà a Bari un importante dibattito pubblico sul tema caldo dell'opposizione di classe all'ennesimo governo borghese che indossa le vesti xenofobe e populiste del M5S e della Lega. Gli ospiti relatori del dibattito sono importanti protagonisti della lotta di classe in Italia: Fabiana Stefanoni, insegnante e dirigente storica del PdAC, impegnata da sempre nelle lotte della scuola e oggi alle prese con la vertenza delle maestre diplomate magistrali che rischiano il più grande licenziamento di massa nella storia repubblicana; Giordano Spoltore, operaio FCA-Sevel, attivista sindacale del coordinamento Slai-Cobas di Chieti, tra i principali promotori del coordinamento FCA e membro del Gruppo operativo nazionale del Fronte di Lotta No Austerity; Monica Dal Maso, laureata in economia e specializzata in pedagogia interculturale, da quindici anni si occupa d'immigrazione ed è stata volontaria tra gli ultimi (dai campi rom baresi alle favelas brasiliane), coordinatrice di progetti per l'Arci a sostegno di donne vittime della tratta e dei detenuti.
Un evento imperdibile che sul tema dello sfruttamento offrirà al pubblico un dibattito di altissima qualità dove verranno esposti quelli che non esitiamo a definire tra i più autorevoli punti di vista sulla lotta di classe.
La redazione di CUBlog, nel ringraziare i compagni baresi di Spazio 17, con cui condivide il comune impegno nel Fronte di Lotta No Austerity, invita tutte le lavoratrici e i lavoratori della provincia di Bari (e non solo) a partecipare numerosi!


SABATO 15 SETTEMBRE, ORE 17.30, PIAZZA CARABELLESE, BARI

a seguire presso Spazio 17 in via Signorile 10/a cena palestinese di autofinanziamento!

venerdì 7 settembre 2018

IMMIGRAZIONE: IL NUOVO (SPORCO) GIOCO DELLA POLITICA IN CUI TRA RAZZISMO, SOVRANISMO, MENZOGNE, OPPORTUNISMO E IPOCRISIA, I VARI LEADERS, DEI DIVERSI SCHIERAMENTI, SI CONTENDONO IL CONSENSO SFRUTTANDO LA DISPERAZIONE SIA DEI NATIVI CHE DEI MIGRANTI.


di Daniele Cofani
Italia 2018, sono in tanti, troppi a soffiare sul fuoco dell’odio e dell’intolleranza per fini propagandistici, applaudendo a porti e confini chiusi,  rendendo ostaggi centinaia di disperati. Troppo facile e a costo zero: lo sa benissimo Salvini  della Lega che ci ha creato attorno a se la sua carriera politica, tanti altri invece  puntano sull’accoglienza e la carità facendo inutili passerelle nelle situazioni più estreme e mediatiche per poi lasciare gli stessi disperati in balia di un destino fatto di sfruttamento e caporalato. Lo sanno bene ad esempio il buon Martina o la Boschi del PD che stanno tentando di ripulire la facciata del proprio partito dopo aver destrutturato la normativa sul lavoro (Jobs Act) precarizzando intere generazione di lavoratori, o dopo aver stretto le maglie al diritto di sciopero nei trasporti, o dopo magari aver regalato miliardi alle banche mentre mandavano sul lastrico centinaia di risparmiatori, e negando poi la nazionalizzazione di importanti asset strategici (Alitalia, Ilva).  
Oggi ha gioco facile l’alleanza LEGA/M5S, che è salita al governo dopo essere passati per un esecutivo tecnico a firma Monti/Fornero, uno dei governi più antipopolari degli ultimi anni in cui Letta, Renzi, Calenda, Poletti ecc, nascondendosi dietro al termine “sinistra”, hanno operato a favore della peggio imprenditoria e finanza nostrana (e non solo) svendendo al capitale tutto ciò che era possibile, privatizzando servizi essenziali come sanità, scuola, trasporti e imponendo, sotto ricatto occupazionale, con la complicità delle grandi centrali sindacali, il depauperamento di diritti e salari per la totalità dei lavoratori condannati alla precarietà e alla povertà,  aumentando di fatto il divario tra le classi innescando una bomba sociale.
A tutto ciò il governo giallo/verde non potrà e non vorrà dare nessuna risposta, lo si è già visto nel decreto dignità, dove dalle promesse elettorali riguardo l’abolizione del Jobs Act si è giunti alla totale conferma dello stesso se non con qualche piccola modifica normativa sui contratti precari (max 24 mesi) e sugli indennizzi in caso di licenziamento. Alla faccia della reintroduzione dell’art.18! Infine viene confermato il licenziamento di massa di decine di migliaia di maestre diplomate magistrali vittime di una sentenza del Consiglio di Stato che le rende inidonee al ruolo e le rispedisce nel girone dell’eterna precarietà. Approvato il decreto in luglio, che nulla potrà ridare ai speranzosi lavoratori, esce fuori tutta la natura xenofoba e razzista del governo a tiratura Lega, funzionale a distrarre e dividere ancora di più i lavoratori, il tutto attraverso una propaganda intrinseca di menzogne. Basta dare un’occhiata al sito dell’ISTAT (ente pubblico di statistiche) per studiare alcuni dati riguardo l’immigrazione da e per l’Italia (e le future previsioni) per comprendere le mostruose menzogne propagandistiche che ci vengono propinate per generare paura e odio al solo scopo di tenerci lontani dai problemi reali.
In Italia, al 1 gennaio 2018, risiedono 60.494.000 abitanti di cui 5.065.000 sono di cittadinanza straniera (8,3% sul totale), dallo scorso anno si è registrato un saldo negativo di -95.000 residenti tra nascite, decessi, nuove entrate ed uscite migratorie. Tra le nuove entrate ci sono 45.000 italiani rimpatriati dopo un periodo di residenza all’estero, e 292.000 nuovi residenti stranieri proveniente da ogni parte del mondo (non solo Africa), tra le uscite invece  ci sono 112.000 italiani emigrati all’estero a quali si aggiungono 40.000 stranieri che hanno deciso di abbandonare il nostro paese. Un quadro che chiaramente mette in luce una situazione che non è assolutamente di emergenza “invasione” anzi se proprio dobbiamo trovare un dato preoccupante è quello della decrescita della popolazione compresi i flussi migratori.
Entriamo ora nello specifico analizzando le varie etnie di stranieri presenti in Italia utilizzando sempre delle tabelle ISTAT (31 dicembre 2016) da cui veniamo a conoscenza che in Italia, tra gli stranieri presenti, ci sono circa 200  nazionalità di cui la metà si tratta di cittadini europei tra cui quella maggiormente rappresentata  è quella rumena con 1.168.552  presenze (23,2%) seguita da quella albanese con 448.407 presenze (8,9%). Tra le prime 5 etnie più numerosa solo una è di origine africana ed è quella marocchina definita di “antico insediamento” con 420.651 presenze (8,3%) a seguire troviamo i cinesi 281.972 (5,6%) ed ucraini 234.354 (4,6%). Tra le prime 10 etnie più numerosi solo 2 sono di origine africana (4 sono europee e 4 sono asiatiche), oltre alla marocchina, come accennato prima, c’è quella egiziana con 112.765 presenze (2,2%). Rispetto sempre alle etnie di origine africana riscontriamo la presenza anche di immigrati provenienti dal Senegal 101.207 (1,9%), Nigeria 88.533 (1,7%), Gambia 13.780 (0,2%) e Mali 14.768 (0,3%).




Questa descrizione non è altro che la fotografia odierna della situazione degli immigrati in Italia, visto che nel 2018 l’arrivo di nuove presenze nel Belpaese è diminuito dell’80%, ne sono approdati circa 20.000 prevalentemente tunisini ed eritrei. Il dato che ne viene fuori rappresenta che non è in corso nessuna invasione africana o comunque nessuna invasione extracomunitaria visto che gli extracomunitari presenti in Italia sono 2.465.000 (48% tra gli immigrati | 4% tra la popolazione residente in Italia) di cui solo circa 1.000.000 di origine africana, i rimanenti 2.600.000 sono cittadini europei che possono muoversi liberamente tra gli stati della EU come tra l’altro noi italiani.

A proposito di italiani ora diamo un’occhiata ai dati riguardanti la situazione migratoria dei nostri connazionali verso l’estero: al 31 dicembre 2016 (Ministero dell’Interno dati AIRE) risultano 4.973.940 italiani residenti all’estero, praticamente lo stesso numero degli immigrati presenti in Italia. 



L’emigrazione italiana si concentra prevalentemente in Europa con 2.685.813 (53%) presenze e nelle Americhe con 2.010.130 (40%) presenze. Il paese con la maggiore presenza di italiani è storicamente l’Argentina con 804.261 (16,17%) presenze, seguono la Germania con 723.691 (14,55%) e la Svizzera con 606.949 (12,20%). Pensate la metà della popolazione argentina è di origine italiana, circa 25.000.000 di persone sono italo-argentine cioè discendono da avi italiani rappresentando il primo gruppo etnico del paese. La comunità italo-argentina, in termini assoluti, è la seconda al mondo dopo quella italo-brasiliana che conta 30.000.000 di persone, la terza è la italo-americana con circa 19.000.000. Solo nelle Americhe ci sono 74.000.000 di persone di origine italiana cioè più della popolazione presente in Italia!
Mi viene spontanea una provocazione: se mai in Argentina e Brasile andasse al governo un “Salvini sudamericano”, come negli USA già hanno Trump, che decidessero di espellere verso il paese discendente tutte le persone con origini europee, bene, il giorno dopo ci troveremo 74.000.000 di nostri discendenti “a casa nostra”!
Ora non ci è rimasto che studiare le previsioni per i prossimi anni per  quanto riguarda sia la futura popolazione residente in Italia, sia i futuri flussi migratori (ISTAT) . Per quanto riguarda la futura popolazione residente in Italia, l’ISTAT stima che nel 2065 oscillerà da un minimo di 46.400.000 ad un massimo di 62.000.000, con una bassissima probabilità (9%) che aumenti, prevedendo quindi una consistente decrescita. Nella stima si è tenuto conto della variabilità associata agli eventi demografici. Sempre l’Istat stima che il saldo migratorio per i prossimi anni (2017/2065) sarà positivo (entrate/uscite) e sarà mediamente pari a +165.000 unità annue prevedendo che nei prossimi 50 anni  immigrino in Italia 14.600.000 individui (di cui europei ed italiani che rientrano in patria) e di conseguenza emigrino dall’Italia (di cui stranieri) 6.600.000 con un saldo di +8.000.000. Chiaramente anche questi dati dovranno fare i conti della previsione di decrescita della popolazione in Italia per i prossimi anni (anche gli immigrati muoiono... e purtroppo spesso affogati nel mar Mediterraneo!)


Per rimanere nel calcolo delle percentuali, il saldo migratorio rispetto alla previsione della futura popolazione in Italia, influirebbe del 17% nella peggiore delle previsioni (46.000.000 abitanti) e del 13% nella migliore delle previsioni (62.000.000 abitanti), la media sarebbe del 15% (54.200.000 abitanti). Senza nascondere che sono assolutamente dei dati importanti, ma che smentiscono chi oggi, gridando al lupo al lupo, ci viene a raccontare che è in corso un’invasione di dimensioni bibliche dove le milioni di cavallette africane ci mangeranno storia, cultura, civiltà nell’arco di pochi mesi. Bene, con un saldo +165.000 individui all’anno non è in corso nessuna invasione armata ma un naturale e lento flusso migratorio che contraddistingue il nostro pianeta da millenni: andrà sicuramente gestito con le dovute e necessarie politiche di accoglienza e integrazione. Certo non quelle ipocrite a marca PD, caratterizzate da un’accoglienza solo a parole, con gli immigrati reclusi in CIE disumani (veri e propri lager), oppure abbandonati al proprio destino nelle fauci della criminalità e caporalato. Ma ancor di più non potranno essere quelle xenofobe a marca Lega fatte di confini chiusi, sgomberi e repressione.  
Inoltre, come anche l'ISTAT asserisce nei suoi studi, la variabilità dei flussi migratori dipenderà anche e soprattutto dalle in/stabilità sociali e politiche nel mondo, di cui ne sono, per la stragrande parte dei casi, responsabili proprio quei Stati che “subiscono” l’immigrazione, sia a causa di un’antica attività coloniale violenta e predatoria, sia per le continue politiche imperialiste, ancora in atto, in cui i  vari blocchi di potere si contendono aree ricche di materie prime da sfruttare oppure aree strategiche dal punto di vista geopolitico. Quindi, anche per i prossimi anni, una grande percentuale dei flussi migratori sarà fomentata dalle stesse politiche internazionali dei governi (destra/sinistra): la Lega ha da sempre finanziato, esattamente come il PD e affini, (che oggi si sgolano fuori del parlamento),  votando a favore in parlamento, decine di “missioni di pace”, in realtà missioni di guerra, missioni che hanno creato, oltre che milioni di morti, instabilità in vaste aree del mondo, generando odio e terrorismo e ovviamente anche le migrazioni dai paesi colpiti. E ad oggi non è assolutamente nell’agenda nel nuovo governo la discussione sul blocco del finanziamento alle missioni militari all’estero.
Lo studio fatto ci dà una grande quantità di dati analitici da cui ora non ci si può esimere dal finalizzare il ragionamento e l’analisi politica. La globalizzazione e il capitalismo hanno generato nel mondo 244 milioni di rifugiati di cui 68,5 per motivi politici (fonte ONU), per la stragrande maggioranza i paesi imperialisti, colpevoli  di tutto ciò, sono poi gli stessi che “subiscono” l’immigrazione di queste masse disperate. Gli stessi paesi poi, e quindi i governi (di cui l’Italia) sfruttano la presenza di questi rifugiati per obbligare loro a svolgere le categorie di lavoro più disagiate e sottopagate, nei campi, nell’edilizia, nella logistica fino ad arrivare a delle metodologie di sfruttamento paragonabili alla schiavitù (in Italia abbiamo il caporalato). Gli stessi governi, al contempo,  attaccano gli stessi immigrati con politiche e atteggiamenti xenofobi applicando, insieme ai padroni, una politica mostruosa: incorporano i migranti  nelle peggiori attività sfruttandoli, in alcuni casi fino alla morte, e contemporaneamente li attaccano come responsabili della situazione dei lavoratori nativi, dividendo di fatto la classe lavoratrice per impedirle di combattere insieme.
Oggi come lavoratori non ci rimane come unica alternativa la lotta, che deve partire da un senso generale di solidarietà tra tutta la classe, non possono e non potranno mai esistere persone illegali in questo mondo (clandestine), i lavoratori nativi ed immigrati si devono assolutamente unire in quanto vittime dello stesso sistema che li vuole divisi, uni contro gli altri. L'unico illegale è chi ci sfrutta quotidianamente, anche grazie a leggi ed accordi infami di cui sono responsabili partiti e sindacati che nascondendosi dietro il termine “sinistra” hanno condannato alla povertà e precarietà milioni di lavoratori italiani e stranieri. Dobbiamo dire NO a chi a sinistra ci ha tradito nelle pratiche e ideali politici,  come dobbiamo dire NO a chi oggi, con una propaganda ignobile e falsa, ci vuol far credere che chiudendo porti e confini o attraverso un misero assegno mensile di sostegno si possano risolvere i reali problemi che da anni stanno soffocando milioni di lavoratori e disoccupati.
La soluzione a tutto ciò non possono certo essere i governi di centro sinistra o di “larghe intese”, che ci hanno condannato alla precarietà e alle disuguaglianze sociali, prendendo in prestito le politiche della destra su tematiche del lavoro e del sociale: dal Job Acts, alla buona (pessima) scuola, all’alternanza scuola-lavoro, passando per il decreto Minniti sull’immigrazione fino agli accordi con la Libia che, lontano da occhi indiscreti, hanno generato dei veri e propri lager a cielo aperto stracolmi di migranti, non possono certo essere i governi a marchio Lega che continuano a propinarci solo propaganda dell’odio, ieri con i governi azzurro/verdi, quelli della legge razzista Bossi/Fini che rende clandestini anche gli immigrati residenti in Italia che perdono il posto lavoro, in quanto il loro permesso di soggiorno è direttamente collegato al contratto. Tutto ciò  in uno paese, come l’Italia, dove il lavoro si basa sul precariato e sul sommerso, rendendo i lavoratori immigrati eterni ricattati costretti ad accettare un qualsivoglia tipo di contratto pur di mantenere il permesso di rimanere in Italia. Oggi invece il governo giallo/verde chiude porti e confini senza nessun tipo di allarme invasione, arma le forze dell’ordine con armi infernali (taser) ingiustificabilmente in un periodo di calo dei reati (fonte Viminale) e, privo di argomenti e con un chiaro livore politico e sociale, ha appena iniziato una campagna di sgomberi tra chi, in stato di povertà, è stato costretto ad occupare per totale mancanza di alternative e tra chi con le occupazioni ha creato luoghi di condivisione e sostegno sociale suoi territori abbandonati dallo Stato. Potremmo continuare a scrivere all’infinito, ma il dato significativo che esce fuori è che sono riusciti a creare immani divisioni tra gli strati sociali più deboli e sfruttati mettendoli uni contro gli altri e utilizzando il razzismo come l’ennesima droga sociale  in cui la colpa di tutto è dell’ultimo strato, il più  ricattato e sfruttato. A tutto questo dobbiamo dire BASTA, non ci resta che alzare la testa e lottare!!!

NESSUNO È ILLEGALE, NATIVI ED IMMIGRATI UNITI NELLA LOTTA!!!

domenica 26 agosto 2018

Firenze: un altro attentato incendiario al Rovo da parte di chi vuole portare spaccio e degrado in uno spazio sociale


Il 22 agosto alle 1 di notte hanno di nuovo dato fuoco a I' Rovo, questa volta mettendo in pericolo anche due di noi, che hanno rischiato la vita assieme al nostro cane. Bilancio dei danni: il piano terra inagibile, le suppellettili distrutte e tutto da ripulire. 

La solita banda di spacciatori, dopo essere stata cacciata da tutto il quartiere con l'intervento delle istituzioni e delle forze dell'ordine, ha deciso di riprendersi il territorio del Rovo. Questa è solo l'avvisaglia. Sono notizie provenienti direttamente dagli abitanti del quartiere, che vigila su quello che succede.

Non permettiamo che I' Rovo torni ad essere la base dello spaccio e del degrado. Questa è quindi una chiamata alla solidarietà fattiva e reale, con una presenza al Rovo a partire da sabato mattina 25 agosto dalle ore 10, per continuare a ripulire, rendere di nuovo vivibile il posto e organizzare un presidio permanente attivo di lotta. 

A parte la rabbia verso questi schifosi, occorre riconoscere la funzionalità che essi hanno nel sistema sociopolitico e economico attuale. È la stessa tracotanza che ritroviamo in ogni padrone che chiude le fabbriche, in ogni istituzione collusa, in ogni controllo sociale.

FINO A QUANDO PADRONI E SPACCIATORI POTRANNO AGIRE INDISTURBATI E DISSANGUARCI, UTILIZZANDO PAURA GENERALE E ASSERVIMENTO?

Sotto qualsiasi forma si presenti,
IL CAPITALISMO È BARBARIE.

mercoledì 4 luglio 2018

Diplomati magistrali: presidio davanti a Montecitorio il 6 luglio

Diplomati magistrali saranno in presidio a Montecitorio il 6 luglio

Comunicato stampa

 
Viste le ultime notizie del Governo e del cosiddetto Decreto Dignità che prevede un congelamento per i Diplomati magistrali per ulteriori 120 giorni, chiediamo con fermezza un DECRETO RISOLUTIVO!  Non possiamo esser ancora esser mortificati con ulteriore CONGELAMENTO!  Siamo stati congelati da dicembre ad ora, ma ormai siamo giunti a luglio e le temperature sono “calde”, vogliamo soluzioni CONCRETE!

Un decreto con tale nome non può pensare che sia DIGNITOSO congelare la nostra situazione ancora per altri 4 mesi! Dobbiamo esigere una soluzione qui ed ora.  Durante la campagna elettorale le varie forze politiche dicevano di avere le idee chiare, di aver già trovato le soluzioni più opportune, hanno preso i nostri voti, ora dobbiamo pretendere i FATTI CONCRETI!

Venerdì 6 luglio saremo in presidio a Montecitorio: in quell’occasione abbiamo chiesto un incontro all’On. Bussetti (Ministro dell’Istruzione) e all’On Pittoni (Presidente della Commisione Istruzione pubblica del Sentato). Abbiamo chiesto di essere ricevuti ufficialmente presso gli uffici del Miur o del Senato.
 
Non ci stiamo ad essere presi in giro!
 
 
Lavoratori Scuola Uniti

Diplomati Magistrali Cub Sur

Diplomati Magistrali Cobas Scuola

martedì 19 giugno 2018

Reparto ruote Alitalia. Picchi di produzione + carenza di organico = picco di sfruttamento

DIVISIONE MANUTENZIONE ALITALIA - REPARTO RUOTE
TRA SOTTORGANICO, PICCHI DI PRODUZIONE E MACCHINARI OBSOLETI:
ALLA RICERCA DELL’HIGHLANDER!!

Sono anni ormai, dalla privatizzazione di Alitalia, che anno dopo anno
vanno peggiorando le condizioni di lavoro all’interno del Reparto Ruote e
se a breve non verranno prese delle minime precauzioni, ci troveremo ad
affrontare la peggiore gestione della summer season da parte della
dirigenza az; sarebbe veramente un primato (negativo) riuscire a fare
peggio delle precedenti fallimentari gestioni Cai ed Etihad!!!
Sono anni che denunciamo il pesante sottorganico che assilla il settore
che dal 2009 non vede nessun tipo di turnover e nessun incremento di
personale, anzi le “2 privatizzazioni” ne hanno determinato una
riduzione, generando negl’anni una vera e propria situazione di
sfruttamento dei lavoratori : ad oggi sono molti i colleghi a cui, per
problemi fisici annessi alla tipologia di lavoro, sono state riconosciute
delle temporali limitazioni. Tutto ciò sta generando un sovraccarico di
lavoro per i pochi lavoratori rimasti, per ora, “abili” e un conseguente
crollo della produttività, mettendo seriamente a rischio la produzione e
l’operatività nel periodo più delicato dell’anno.
Mancanza di investimenti e valutazioni totalmente errate sono alla base
della crisi gestionale che sta colpendo il reparto ruote, sono mesi che
sono inascoltate le grida d’allarme dei lavoratori e dei responsabili di
reparto, mai come negli ultimi 12 mesi ci siamo trovati a gestire delle
scelte miopi che stanno portando al collasso i lavoratori e la produzione,
vedi l’utilizzo di cigs e il trasferimento di colleghi in altri reparti per lunghi
periodi. Tutto ciò non ha portato nessun risparmio nelle tasche
dell’azienda ma solo problematiche gestionali con il conseguente
aumento dei costi.
Serve da subito un cambio di passo per sopperire alla crisi di organico del
reparto, con un intervento duraturo e strutturale condiviso con i
lavoratori, in mancanza del quale saremo costretti ad intraprendere tutte
le iniziative sindacali necessarie a difesa della loro salute ed occupazione.

18.06.18 CUB TRASPORTI – AIRCREW COMMITTEE

giovedì 3 maggio 2018

Caro Calenda... La lettera aperta delle ex lavoratrici e degli ex lavoratori Almaviva di Roma al ministro Calenda.

Prima del testo della lettera ci teniamo a ribadire che siamo al fianco degli ex lavoratori Almaviva di Roma, la loro è stata una bellissima lezione di forza e dignità che ha arricchito tutti gli operai in lotta. La colpa di fallimenti, tagli, e licenziamenti di massa NON È MAI DEI LAVORATORI!
Ministro Calenda, si vergogni! Quello che scrive per darsi un tono sui social è riprovevole. Lei può avere tutte le poltrone che vuole, ma rimarrà sempre un patetico fallito!

La redazione di CUBlog

Ancora una volta leggiamo un suo attacco diretto, Ministro Calenda, nei confronti della RSU romana fomentando l' odio verso le persone con menzogne ormai di livello vergognoso!!

Dichiara inoltre che le stesse non abbiano richiesto la consultazione dei lavoratori in merito a quanto scritto su quell’intesa. “Quanto dichiarato e scritto corrisponde a falsità”!!

“Quella notte è stato chiesto al viceministro Bellanova di permetterci di andare a parlare con le persone. La risposta è stata una seconda lettura dell’accordo e la firma immediata in quanto i termini della procedura erano scaduti.

Ma inutile continuare a scrivere fiumi di parole da parte nostra; non avendo noi i potenti mezzi economici del Governo per poter acquistare intere pagine di quotidiani chiediamo a Lei, Ministro, un confronto in luogo pubblico alla presenza dei giornalisti che mettono nero su bianco amenità assurde e delle telecamere per poter parlare ai cittadini spiegando anche la nostra versione.

Siamo certi che non si sottrarrà al confronto con i soliti abusi di potere. Metta anche noi in condizione di spiegare cosa è accaduto quella notte, nei mesi precedenti e quelli a seguire. Di poter dire a tutti che avete permesso che Almaviva licenziasse le mamme, che Almaviva assumesse durante le procedure, che Almaviva effettuasse migliaia di ore di straordinari mentre si era in ammortizzatori sociali pagati da tutti i cittadini, che avete aiutato Almaviva ad ingrassare in Brasile con i soldi pubblici di tutti i cittadini italiani (caso Simest), che avete elargito incentivi ad Almaviva, incentivi = soldi pubblici, e poi permesso che se ne andasse in Romania senza richiedere nulla indietro. Ecco, dopo tutto questo, ancora oggi siamo costretti a leggere menzogne sui quotidiani e social ed essere messi alla gogna per non aver accettato un ricatto.

Questi mezzi biechi di “pilotare”le vertenze ed eventuali accordi a stretto giro in altre sedi, strumentalizzando Roma, sono davvero indegni di chi rappresenta il Governo Italiano. Vogliamo una data!!

Barbara Sbardella, Piero Coco, Pasquale Mazzitello, Stefania Iaccarino, Massimiliano Montesi, Norma Coccia, Fabio Taddei, Davide Mennuti, Sabrina Linzi.

martedì 10 aprile 2018

Riceviamo, condividiamo e volentieri pubblichiamo questo volantino di solidarietà al compagno Luciano. Licenziato da Carrefour perché scomodo



Luciano Pasetti è un compagno generoso che non si è mai risparmiato e con cui abbiamo condiviso tante battaglie. 
Se ogni licenziamento è di per sé un atto di violenza del capitale, il licenziamento di un compagno è inaccettabile! 
Luciano dedica il suo tempo e il suo impegno alle cause dei più deboli, degli sfrattati e degli immigrati; ha difeso con coraggio lavoratrici e lavoratori di tutte le categorie e specialmente nella grande distribuzione senza piegare mai la testa. 
Per questo, dopo 32 anni (TRENTADUE!), è stato licenziato dal GS Carrefour di via Famagosta a Milano con motivazioni che noi crediamo essere, oltre che pretestuose, ridicole!
CUBlog si stringe al fianco di Luciano e darà spazio e voce a questa lotta che riguarda tutti i lavoratori.

Avanti con la lotta fino al reintegro di Luciano!

La redazione di CUBlog


Il volantino di solidarietà a Luciano






giovedì 5 aprile 2018

Sebastian non si tocca! Pubblichiamo la sua lettera aperta

Le parole di Sebastian sono un inno alla lotta e alla resistenza operaia, sfondano i confini borghesi e ci raggiungono in tutto il mondo! Noi di CUBlog le pubblichiamo affinché tutti conoscano la violenza del capitale e dei suoi governi.
CUBlog in 4 anni ha dato voce a moltissime lotte operaie, qui la lettera di Sebastian Romero è nella sua casa naturale, la sua lotta solcherà la nostra strada. 
Chiediamo a tutti i compagni che ci leggono di diffondere e far diffondere la lettera di Sebastian.

Giù le mani da Sebastian Romero!


La redazione di CUBlog




Mi chiamo Sebastian Romero e sono un perseguitato politico del governo di Macri.
Sono un operaio come tanti altri, ma è da più di tre mesi che non vedo la mia famiglia, i miei amici, i compagni della fabbrica e le persone a me vicine.
Sono perseguitato come se fossi un terrorista perché ho fatto parte delle migliaia di persone che il 18 dicembre hanno resistito per le strade alla rapina che in parlamento si stava realizzando ai danni dei pensionati. Nonostante la riforma delle pensioni sia stata votata, quel giorno la ostacolammo, e questo non ci viene perdonato.
Giovedì scorso, Gustavo Homo e Ana Maria Figueroa della Sala I della Camera di Cassazione mi hanno nuovamente respinto una richiesta di scarcerazione, esattamente com’è stato fatto dal giudice Torres e dalla Sala II della Cámara Criminal y Correccional. Il governo mi vuole incarcerato per spaventare tutti quelli che stanno lottando. Per questo io chiedo a tutti di condividere e diffondere il più possibile questa lettera.
La persecuzione ha portato anche al mio licenziamento dalla General Motors, dove ero un rappresentante dei lavoratori. Proprio lì i miei colleghi continuano la lotta per smascherare i delegati traditori che sostengono i licenziamenti.
Forza compagni, possiamo vincere!
Per spaventarmi e portarmi alla resa, mi minacciano e aggrediscono la mia famiglia, i miei amici e i compagni del Pstu. Hanno persino bruciato l’auto di uno dei miei avvocati, Martin Alderete. Però ovviamente la giustizia non ne parla.
Quale autorità può avere un governo il cui presidente è accusato di nascondere denaro dello Stato, un governo che ha ucciso Rafael Nahuel, Facundo e tanti altri poveri ragazzi, un governo che nasconde l’assassinio di Santiago Maldonado da parte della polizia, che tiene prigionieri senza motivo i compagni arrestati il 14 dicembre, che ha incarcerato Milagro Sala per aver occupato una piazza, un governo che ha estradato Jones Huala in quanto “terrorista’”? Come può essere che mentre chiedono a livello internazionale l’arresto per ‘’il matto del mortaio’’ (come mi hanno soprannominato alcuni della stampa, come se fossi dell’Isis), stanno liberando i militari genocidi dell’ultima dittatura? Bisogna porre fine a questa persecuzione contro di me, Arakaki e Dimas Ponce, ugualmente sotto attacco.
Vogliono arrestarmi perché hanno paura che saranno sempre di più coloro i quali contrastano i piani del governo Macri. Però, nonostante le minacce e il fatto di non poter vedere la mia famiglia, non mi arrendo, affinché gli stessi lavoratori non si arrendano. Mi sento come uno delle centinaia di minatori di Rio Turbio che resistono ai licenziamenti occupando le miniere e affrontando la polizia con quello che hanno a portata di mano. Loro sono un esempio di quello che bisogna fare! La popolazione di Azul e gli indigeni del nord stanno lottando per il pane e per le proprie famiglie! Non possiamo continuare a subire in questo modo, non possiamo rassegnarci a un futuro di fame per i nostri figli e a morire nei luoghi di lavoro. Basta!
Per questo voglio mandare un messaggio ai lavoratori che leggono questa lettera: non abbandoniamo le strade! Non permettiamo che i nostri compagni vengano licenziati! Non lasciamo che ci rovinino con misure che colpiranno le nostre famiglie! Dobbiamo organizzarci in maniera unitaria e batterci contro questo governo che ci affama! I dirigenti sindacali che dicono di voler affrontare il governo devono proclamare lo sciopero generale, altrimenti occorre imporlo dal basso!
I lavoratori, le donne e i giovani che stanno lottando per i propri diritti, tutti i settori popolari, devono cacciare il governo Macri esattamente come cacciammo De La Rùa nel 2001. Fate assemblee con tutti i compagni in tutti i luoghi di lavoro, organizzate la lotta! Non c’è altra strada, o loro o noi!

Viva la lotta della classe operaia!
Via Macri!